Adolescenti scontatamente etichettati come “difficili”

Adolescenti scontatamente etichettati come “difficili”

Strano, proprio in Oklahoma, in mezzo alle mille difficoltà che mi pare inutile ricordare (tanto me lo ricorda già la banca ogni mese…), in mezzo a tanti “stranieri” e a persone (colleghi, “operandi”, volontari) con mentalità e convinzioni anche molto diverse tra loro e dalle mie…. Sentire proprio qui di non essere fuori posto…

È già trascorso. Senza aver fatto troppo caso al calendario, preso dall’alternarsi di preoccupazioni e di lieti sconvolgimenti nella mia vita personale, nella quotidiana fatica e meraviglia di imparare ad essere compagno, padre e – quando burocrazia vorrà – marito, nel quale si intrecciano turni e riposi lavorativi… così questo primo compleanno stava quasi per passare in sordina fin quando è arrivata l’occasione per fare un “punto”.

Occasione che, metto le mani avanti, colgo solo in parte, per ora, tanti sono gli aspetti che dovrei passare in rassegna e tanto poca è la mia capacità di analizzarli in breve tempo, di trovare una sintesi e di esporla poi in un articolo… forse questo non sarebbe neppure la sede più adeguata.

Comunque, sono arrivato in Oklahoma con pregresse e un po’ di frammentate esperienze nell’educativo con adolescenti un po’ scontatamente etichettati come “difficili”; ero da un lato alla ricerca di un lavoro in comunità che mi facesse intravvedere un rapporto meno “a vista”; dall’altro desideravo confrontarmi con culture altre dalla mia e di “toccare con mano” quanto pensavo e sentivo dovesse essere il lavoro per imparare una complessa convivenza tra tante diversità… se ne sente parlare – e se ne parla – spesso in modo superficiale, per questo ho scritto “il lavoro per imparare…”.

Nel mio bagaglio “in entrata” era presente anche una buona dose di ricordi dolorosi di discussioni e di fratture in rapporti di amicizia nei quali un gran peso ha avuto questo mio pensare e sentire, e un mio cominciare a sentirmi quasi estraneo rispetto a persone che – nell’ovvietà del quotidiano – avrei anche considerato alla stregua di fratelli. A loro estraneo non son mai stato, ma in un certo senso mi sentivo sempre più strano, o meglio straniero, nel trovarmi in mezzo a discorsi che si vogliono chiamare di buon senso, prudenza, che gira e rigira convergono nel (dis)qualificare questo tipo di lavoro come, nella migliore delle ipotesi, un combattere contro i mulini a vento perché… “mai”: mai “certa gente” potrà partecipare della nostra storia e della nostra società, mai “i delinquenti” cambiano veramente vita…

E ancora più strano è che proprio in Oklahoma, in mezzo alle mille difficoltà che mi pare inutile ricordare (tanto me lo ricorda già la banca ogni mese…), in mezzo a tanti “stranieri” e a persone (colleghi, “operandi”, volontari) con mentalità e convinzioni anche molto diverse tra loro e dalle mie…. Sentire proprio qui di non essere fuori posto… Come direbbe quel tale: “Eh già, io sono ancora qua”.

Francesco C.