[DIARIO DEL 30 Giu 2014] Adolescenti scontatamente etichettati come “difficili”
Strano, proprio in Oklahoma, in mezzo alle mille difficoltà che mi pare inutile ricordare (tanto me lo ricorda già la banca ogni mese…), in mezzo a tanti “stranieri” e a persone (colleghi, “operandi”, volontari) con mentalità e convinzioni anche molto diverse tra loro e dalle mie…. Sentire proprio qui di non essere fuori posto…
È già trascorso. Senza aver fatto troppo caso al calendario, preso dall’alternarsi di preoccupazioni e di lieti sconvolgimenti nella mia vita personale, nella quotidiana fatica e meraviglia di imparare ad essere compagno, padre e – quando burocrazia vorrà – marito, nel quale si intrecciano turni e riposi lavorativi… così questo primo compleanno stava quasi per passare in sordina fin quando è arrivata l’occasione per fare un “punto”.
Occasione che, metto le mani avanti, colgo solo in parte, per ora, tanti sono gli aspetti che dovrei passare in rassegna e tanto poca è la mia capacità di analizzarli in breve tempo, di trovare una sintesi e di esporla poi in un articolo… forse questo non sarebbe neppure la sede più adeguata.
Comunque, sono arrivato in Oklahoma con pregresse e un po’ di frammentate esperienze nell’educativo con adolescenti un po’ scontatamente etichettati come “difficili”; ero da un lato alla ricerca di un lavoro in comunità che mi facesse intravvedere un rapporto meno “a vista”; dall’altro desideravo confrontarmi con culture altre dalla mia e di “toccare con mano” quanto pensavo e sentivo dovesse essere il lavoro per imparare una complessa convivenza tra tante diversità… se ne sente parlare – e se ne parla – spesso in modo superficiale, per questo ho scritto “il lavoro per imparare…”.
Nel mio bagaglio “in entrata” era presente anche una buona dose di ricordi dolorosi di discussioni e di fratture in rapporti di amicizia nei quali un gran peso ha avuto questo mio pensare e sentire, e un mio cominciare a sentirmi quasi estraneo rispetto a persone che – nell’ovvietà del quotidiano – avrei anche considerato alla stregua di fratelli. A loro estraneo non son mai stato, ma in un certo senso mi sentivo sempre più strano, o meglio straniero, nel trovarmi in mezzo a discorsi che si vogliono chiamare di buon senso, prudenza, che gira e rigira convergono nel (dis)qualificare questo tipo di lavoro come, nella migliore delle ipotesi, un combattere contro i mulini a vento perché… “mai”: mai “certa gente” potrà partecipare della nostra storia e della nostra società, mai “i delinquenti” cambiano veramente vita…
E ancora più strano è che proprio in Oklahoma, in mezzo alle mille difficoltà che mi pare inutile ricordare (tanto me lo ricorda già la banca ogni mese…), in mezzo a tanti “stranieri” e a persone (colleghi, “operandi”, volontari) con mentalità e convinzioni anche molto diverse tra loro e dalle mie…. Sentire proprio qui di non essere fuori posto… Come direbbe quel tale: “Eh già, io sono ancora qua”.
Francesco C.